Parlando di Fagioli, torna alla mente ciò…

Intatti diari della memoria, a marzo si seminava il granturco. L’inverno doveva ancora finire ed il vento raccontava voci e suoni ai bimbi, all’aia, al fienile. Poche settimane, spuntavano piante filiformi che crescendo prendevano le forme proprie del granoturco. Nei lunghi filari del seminato, “a pozza” (piccole buche), si seminavano i Fagioli che si sviluppavano prima che il granoturco li potesse opprimere con il suo folto fogliame. Cannellini, anellini, verdùn e fasoi balotùn (borlotti) da consumare anche allo stato fresco in desiderate pietanze. I “fasoi del papa” maturavano nell’orto arrampicandosi su appositi sostegni di legno.
Raccolti a mano i legumi dei campi si stendevano sull’aia per farli ulteriormente essiccare e con appositi bastoni (le varzele) venivano separati dai baccelli. Grandi setacci li liberavano dalle impurità ed erano pronti per l’uso. Averne di Fagioli e tanti era una benedizione. E allora “risi e fasoi, fasoi in potacin con i codeghini, fasoi con lardo stagionato, con i ossi di maiale, pasta e fasoi e ancora risi e fasoi brustolà, fasoi con le acciughe o conditi in ‘salata’”, meglio se c’era buon vino.
Così ci si sostentava pensando a tempi migliori. Sembrano e sono cose lontane, ma anche vicine perché al Ristorante Al Cavaliere di Rovigo, questi piatti, oggi, vengono riproposti con grande esperienza e provata maestria.

Un tempo i Fagioli

Era così importante e necessaria, una volta, la produzione dei Fagioli che veniva in parte regolamentata da ordinanze comunali.
–Denuncia obbligatoria di Fagioli, piselli, lenticchie, ceci e cicerchie alla data del 30 settembre 1939…….. . Chiunque li producesse per commercio od uso industriale è tenuto a denunciarne la quantità. Severe sanzioni  per omesse denunce o non veritiere.–
Chi produceva per uso familiare non aveva obblighi di tale natura. Questi preziosi legumi venivano consumati quotidianamente in tutte le famiglie; per tanto uso a volte si arrivava al rifiuto di questo cibo seppur molto gustoso. Si potevano rifiutare i Fagioli anche per altri motivi.

Fu così che tornati da scuola i bocia trovarono per pranzo “pasta gramena in brodo de fasoi” Quel giorno un piatto di pasta rimase inconsumato per la finta inappetenza di un ragazzino che aveva saputo, alla Fiera, da un maestro di Araldica, di avere una lontana nobiltà. – Sangue blu, niente pasta e fasoi!- Pensò il giovinetto.
La Maria buona e paziente, per cena, ripropose lo stesso piatto di pasta al “blasonato” che lo rifiutò con fare altezzoso. La notte durava insonne ed il bocia quatto quatto ed affamato guadagnò la cucina e trovato nella credenza quel bendidio lo divorò avidamente pensando che, in fondo, l’Araldica poteva aspettare altre fiere.

 

 

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